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La rivoluzione tunisina del 2011 ha sorpreso non solo per il suo incredibile "effetto farfalla" - un venditore ambulante si immola nel paesino di Sidi Bouzid e provoca la caduta di due dittatori - ma anche per l'originalità delle sue forme di mobilitazione. Senza un'avanguardia o una figura carismatica che la guidasse, una moltitudine composta da singolarità consapevoli delle proprie differenze ha agito collettivamente per raggiungere lo stesso obiettivo: abbattere la dittatura e reinventare un modo nuovo di vivere insieme. Questa ricerca sul campo, da parte di un antropologo che è insieme cittadino impegnato e osservatore distaccato, tralascia la scena politica istituzionale per concentrare lo sguardo sui cittadini comuni, sulle tante voci che per la prima volta hanno occupato lo spazio pubblico. Ed è attraverso queste storie che è possibile comprendere non solo quali siano le poste in gioco dell'attuale transizione politica, e in particolare la biopolitica per il controllo della popolazione promossa dalle formazioni islamiche, ma anche le circostanze storiche di un evento non ancora concluso, aprendolo al contempo all'universale.